venerdì 5 dicembre 2014

MEDITAZIONE PER IL PRIMO VENERDI' DEL MESE: L'invito della devozione al Sacro Cuore - un testo di G.B.Montini-Paolo VI


Per la meditazione di queso Primo Venerdì ho deciso di condividere con gli amici del blog alcuni pensieri del beato Paolo VI.

Il testo che vi propongo risale all'8 giungo 1956, quando era già da due anni alla guida della diocesi di Milano.
E' uno scritto interessante, perché ci spinge a guardare al "fondo essenziale" della devozione al Sacro Cuore. Psicologia, amore, Liturgia...sono temi trattati dall'allora arcivescovo Montini.
Essere devoti del Sacro Cuore non vuol dire fermarsi alla recita di piccole preghiere.
L'amore si manifesta nell'amore di ciò che esprime, manifesta e ci "dona" il mistero di Cristo, in modo particolare, la Vita Liturgica.

Buona lettura!



- L'INVITO DELLA DEVOZIONE AL SACRO CUORE -
un testo di Giovanni Battista Montini - Paolo VI
(tratto da "La devozione al Sacro Cuore nei discorsi di Papa Montini, ed. Lev) 
 
"La devozione al Sacro Cuore di Gesù rivolge ai fedeli un duplice invito.
Primo, a conoscere Cristo in profondità, a conoscerlo nella sua interiore realtà.
Tante volte ricorre il nome cristiano che è diventato comune, quasi emblema delle cose anche più lontane dal Cristianesimo: si dà questo nome a tante cose, fatti e manifestazioni, arte, letteratura, ecc. che hanno, direi, solo una emanazione e un qualche segno di cristiano, e lì si ferma in gran parte l'attenzione della nostra cultura moderna, e possiamo dire purtroppo, di tanta superficiale religiosità.

Il Cuore di Cristo dice: non fermatevi qui, andate più in fondo, conoscete Cristo nella sua realtà, avvicinatevi a Lui, approfondite i suoi misteri.
Quando col catechismo alla mano siete arrivati a dire: E' figlio di Dio, non arrestatevi, provate questo arduo ma interessantissimo problema di psicologia, unico al mondo: esplorate che cosa questa psicologia nasconde, abissi, immensità, dolcezze, poesie, profondità che non potremmo commisurare.
E' una esaltazione che viene da questa contemplazione di Cristo, è una immensa atmosfera divina che sale da queste profondità cordiali del nostro Signore Gesù Cristo.

A questa prima conseguenza aggiungetene un'altra: non basta più per una religione di questo genere un culto esteriore fatto puramente di pratiche, numerabili e misurabili dal tempo e dell'orario e da alcune frettolose preghiere; occorre, anche per l'iniziato devoto, per colui che raccoglie l'invito del Cuore di Cristo, una religione interiore; occorre entrare con passi cauti, con l'anima attenta, colle meditazioni raccolte, colle profondità pronte a ricevere l'eco di queste immensità, che vengono a grado a grado rivelandosi a chi osa esplorare la psicologia, il Cuore di Cristo.
E, secondo, dove tende la devozione al Cuore del Signore? che cosa vuol suscitare? che religione vuol instaurare?

Abbiamo detto che è la ostensione dell'amore.
Davanti a Cristo presentato col suo Cuore noi dobbiamo concludere: il Vangelo è amore, l'Incarnazione è amore, la Passione è amore, l'Eucaristia è amore, la Chiesa è amore, la grazia è amore.
Tutto il disegno è suscettibile di questa sintesi che viene a porsi davvero davanti alle soglie di ogni anima come un atto urgente di amore: la carità di Cristo incombe sopra di noi, ci preme, ci sollecita, ci perseguita, ci vuole.
Ebbene, che cosa vuol suscitare?
lo sa chiunque, la cosa diventa semplice: quis non amantem redamet? diranno al Sacro Cuore, ma chi non amerà uno che ha tanto amato?
Un verso di Dante, ahimè, rifeto a ben altre cose, ma pur espressivo, dirà: amor che a nullo amato amar perdona, nessuno che si sente, che si sa amato, non può non ripagare con amore.
Questo è il fine della devozione al Cuore di Cristo: già noi conoscevamo essere il comandamento dell'amore a Dio il supremo dei comandamenti, l'unico dei comandamenti, perché ogni virtù e ogni bontà deve essere tributata a Dio per amore; se non lo fosse non sarebbe omaggio, non sarebbe osservanza del cuore, non sarebbe preghiera e culto come si deve.
Sapevamo che l'amore è un comandamento, cioè, una cosa che ci obbliga; il Signore è stato tanto buono da esigere da noi, come prima cosa, non il sacrificio del nostro cuore tanto attraente, gioioso, amoroso.
Il Signore si è voluto servire di questa predisposizione nostra naturale per farci suoi soci, per attirarci a sé, per stringere questo nodo definitivo della vera religione.
Vuole da noi non altre cose che il cuore.
Cuore chiama cuore, amore chiama amore.
Questa è la intenzionalità, il fine della devozione al Sacro Cuore.

Nessuno dica che questo linguaggio sia qualche cosa di molle, di sdolcinato, di devozionale, di effeminato e quasi di dolciastro: l'amore di Cristo non vuole sentimenti deboli, o sentimenti di seconda o terza categoria, vuole i sentimenti veri, vuole un amore forte, vuole un coraggio virile, vuole qualche cosa di grande dalla nostra anima, dalla nostra preghiera.
E non vi sia nessuno che creda di poter interpretare una devozione così grande, così regale, meglio che con le grandi ed ispirate parole della liturgia che non con delle piccole preghiere, tante volte arbitrare e tante volte anche letterariamente così poco felici.
Vuole espressioni grandi l'amore grande, vuole poesia, vuole canto, vuole fosse, vuole, ripeto, la solennità della sposa di Cristo che va a mattinar lo sposo, cioè, che canta i suoi inni, che si inebria dei suoi salmi, che apre le sue cattedrali, che risente la sua liturgia, che celebra il suo natale, che celebra la sua pascqua, che si inebria nella sua pentecoste.
La devozione al Cuore di Cristo non è una concorrenza, una sovrapposizione a questa pienezza di celebrazione del Dio fatto uomo.
Nessuno creda che questa devozione si sazi di piccole pratiche o di qualche cosa di esteriore o di numerico: si sazia di opere, si sazia di carità tradotta in opere, testimonianza dell'opera è la vera prova dell'amore".

domenica 9 novembre 2014

"Fiumi d'acqua viva sgorgeranno dal suo seno" - riflessioni sulla Parola di oggi


"Gesù, ritto in piedi, gridò: 
«Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. 
Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva». 
Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non vi era ancora lo Spirito, perché Gesù non era ancora stato glorificato". 

(Gv 7,37-39)





La Parola di oggi ci rimanda sottilmente al mistero del Cuore trafitto di Cristo: ritroviamo la descrizione del fiume che scorre accanto al Tempio e le cui acque sgorgano dal Santuario, dotate del potere di  risanare chi rimane in esse (Ez 1-2; 8-9:12); il Salmista (Sal 46) ci parla di un fiume che rallegra la Citta' di Dio e Gesù, nel Vangelo, ci dice che il Suo Corpio è Tempio Santo di Dio (Gv 2,13-22).

L'idea del fiume e del Tempio riportano alla mente proprio le parole che Cristo stesso ha proferito nel Vangelo di Giovanni sopra riportato, ricapitolando una serie di passi dell'Antico Testamento, specialmente del profeta Isaia: 

"O voi tutti assetati, venite all'acqua,
voi che non avete denaro, venite,
comprate e mangiate; venite, comprate
senza denaro, senza pagare, vino e latte"

(Is 55,1)

E' dal Cuore di Cristo - Tempio Santo di Dio e Tabernacolo dell'Altissimo  - che questo fiume di acqua viva sgorga e scorre... nel momento in cui viene trafitto. Da Esso fuoriescono Sangue ed Acqua, simbolo dei Sacramenti della Chiesa.
Non a caso, in Ezechiele, nella prima lettura, si parla di un fiume che sfociando nel mare, ne risana le acque.
Il mare - dalle forti connotazioni negative - diventava così il simbolo di quell'abisso di peccato in cui l'uomo era caduto, e da cui Gesù Cristo è venuto a salvarlo.
In realtà, si può dire che già la vita stessa di Gesù è uno scorrere incessante di questo fiume di acqua che risana: quanti malati curati! quanti indemoniati liberati! quante perversioni umane risanate! quanti poveri arricchiti della Sua presenza!
Il Cuore di Gesù che cessa di battere sulla Croce, quel Cuore che viene trafitto da una lancia, fino a dare "tutto" anche le ultime Gocce, è proprio la fonte inesauribile di questa acqua viva che purifica e guarisce. Soprattutto, di questa acqua che da' la vita vera, la vita eterna.

Il mistero del fiume, allora, per noi è già oggi motivo di gioia; col salmista possiamo esultare e rallegrarci anche noi: il Cuore di Gesù, da cui sgorga l'acqua viva, è già con noi.
Lo ritroviamo presente nell'Eucaristia, laddove vi è il "Cuore eucaristico" di Gesù; lo ritroviamo negli altri Sacramenti, con i quali sempre torniamo ad essere "lavati" dalle Sue acque che risanano e dissetati nel nostro bisogno di amore vero.

San Paolo, però, nella seconda lettura (1Cor 3,9-11.16-17) ci ha detto che anche noi siamo tempio di Dio.
Ciò vuol dire che vivendo in grazia Dio abita in noi e farLo dimorare nella nostra anima significa conformarsi ai sentimenti e ai desideri del Cuore di Gesù, come Egli ha vissuto conformandosi in tutto alla volontà del Padre.
Il Suo Cuore ci lascia un comando grande, bello, a volte difficile da vivere, ma possibile in Colui che ci da' forza: amarci come Egli ci ha amato.
Lo Spirito Santo ci darà questa forza!
Ecco perché nella prima lettura, Ezechiele parla degli alberi da frutto che crescono sulla riva, lungo il torrente, le cui foglie non appassiranno e che saranno medicina, così come i frutti saranno cibo.
Siamo chiamati ad essere nutrimento per gli altri: a donarci per i fratelli, a soccorrerli non solo materialmente, ma anche spiritualmente.
"Voi stessi date loro da mangiare" (Mc 6,37). E' l'invito forte che oggi risuona per noi.
Nutriti di Lui, potremo nutrire gli altri di noi stessi, se Lui sarà in noi, con noi e per noi.

venerdì 7 novembre 2014

MEDITAZIONE PER IL PRIMO VENERDI' DEL MESE - Cuore di Gesù, abisso di Misericordia!



Certezza del perdono divino

Quale dio è come te,
che toglie l'iniquità e perdona il peccato
al resto della sua eredità?
Egli non serba per sempre la sua ira,
ma si compiace di manifestare il suo amore.
Egli tornerà ad avere pietà di noi,
calpesterà le nostre colpe.
Tu getterai in fondo al mare 

tutti i nostri peccati.
Conserverai a Giacobbe la tua fedeltà,
ad Abramo il tuo amore,
come hai giurato ai nostri padri
fin dai tempi antichi. 

(Mich 7, 18-20) 




Nel profeta Michea leggiamo di come Dio getterà i nostri peccati "in fondo al mare": è un'espressione che potremmo "tradurre" ricorrendo al concetto di "abissi" lontanissimi, irragiungibili da noi, quelle profondità in cui più nulla si vede, più nulla si ricorda.
E' il paradosso dell'amore di Dio: Colui che porta in Sè la memoria di tutti i tempi della storia, del passato, presente e futuro; Colui che è Eternità in cui niente si perde, decide di far scendere i peccati dell'uomo laddove diventano sedimento, sul fondale marino, a profondità impensabili.
Dio "vuole" dimenticare il peccato dell'uomo che si pente.
L'idea del mare - in questo suo forte valore simbolico - è anche accentuato dall'idea che gli antichi ebrei avevano di esso: mare era sinonimo di pericolo, di morte, di forze tenebrose; era spesso associato alla tempesta ed alla possibilità di perire, come ci dimostra il libro di Giona e come leggiamo anche nei Salmi, in cui ricorre l'idea che Dio sollevi dalle acque (Sal 18,17;20). Viene in mente anche la storia di Mosè ancora in fasce "salvato dalle acque" in cui altrimenti, certamente, sarebbe morto. 
La connotazione del mare era così negativa tanto che nella Bibbia Giovanni descrisse la Gerusalemme nuova come una terra in cui il mare non vi sarà più (Ap 21,1), perché proprio dal mare risalirà la bestia distruttrice negli ultimi tempi (Ap 13,1).
L'episodio della tempesta sedata (Mc 4,35-41), però, ci mostra che Gesù è Colui che ha il potere sulle forze oscure che muovono  le acque a tempesta, e che quello che per l'ebreo era simbolo di oscurità e potente incontrollabili, in mano Sua diventa acqua placida.
Ecco, se il mare può essere fonte di morte, se in esso l'uomo antico vedeva la rappresentazione ideale per eccellenza di tutto ciò che è negativo, oscuro, pericoloso, Dio ci dice: "i vostri peccati li farò morire in un abisso che non sarà più segno di morte, ma della mia misericordia"!

Questo abisso in cui il peccato è sconfitto, altri non è che il Cuore Crocifisso e Risorto di Cristo: il Fuoco della Sua Misericordia brucia il nostro peccato affinché Egli più non lo ricordi.
Il Fuoco della Giustizia divina tutto dispone, nella Sua infinita Provvidenza, affinché il malvagio si converta ed i buoni siano ricompensati;
il Fuoco dell'Amore ama.. 

"A scanso di equivoci, è da notare che la misericordia di Gesù non si esprime mettendo tra parentesi la legge morale. 
Per Gesù, il bene è bene, il male è male. La misericordia non cambia i connotati del peccato, ma lo brucia in un fuoco di amore. 
Questo effetto purificante e sanante si realizza se c’è nell’uomo una corrispondenza di amore, che implica il riconoscimento della legge di Dio, il pentimento sincero, il proposito di una vita nuova". 

Nel Cuore di Gesù, simbolo e segno concreto dell'Amore di Dio, "fornace ardente di carità" - come Lo definiscono le litanie proprie - possiamo trovare ciò che San Paolo descrive nel suo "Inno alla Carità".
Nel Cuore di Gesù il Fuoco altri non è che quella carità inestinguibile che consuma il peccato, non appena l'uomo si penta, gettandolo nell'Abisso misericordioso del Dio Amore.
Possiamo allora rileggere le parole paoline pensando a come questa carità "bruci" infinitamente ed eternamente nel Sacratissimo Cuore di Nostro Signore, e meditare oggi, primo venerdì del mese, sul modo sublime che Cristo ha di amarci, chiedendoGli di donare anche a noi questa carità che tutto scusa, tutto sopporta, tutto spera!


La carità è magnanima, 
benevola è la carità; 
non è invidiosa, 
non si vanta, 
non si gonfia d'orgoglio, 
non manca di rispetto, 
non cerca il proprio interesse, 
non si adira, 
non tiene conto del male ricevuto, 
non gode dell'ingiustizia ma si rallegra della verità. 
Tutto scusa, 
tutto crede,
 tutto spera,
 tutto sopporta.

La carità non avrà mai fine.

(1 Cor 13, 4-8)

mercoledì 29 ottobre 2014

MEMORIA LITURGICA DEL BEATO MICHELE RUA - "La devozione al Sacro Cuore: devozione di tutti i tempi"!






Quest'oggi ricorre la memoria liturgica del beato Michele Rua, primo successore di san Giovanni Bosco a capo della Congegazione salesiana.

Don Rua (come altre volte è stato riportato su questo blog) non fu da meno, rispetto al suo maestro e predecessore, nella devozione al Sacro Cuore. 
Si può dire che ne raccolse l'eredità e la fece fruttare, consacrando la Pia Società di San Francesco di Sales al Cuore di Gesù ed inserendo nelle devozioni quotidiane dei salesiani, una preghiera ad Esso rivolta, per impetrare sante vocazioni.
Nel 1899 aveva disposto che "ogni salesiano facesse la consacrazione di se stesso" al Sacratissimo Cuore, ed in una sua sua lettera del 21 novembre 19oo (quindi successiva di un solo anno), dispose che si effettuasse la consacrazione di tutta la Congregazione:

"Ora intendo che ciascuno di noi si consacri di nuovo, in modo tutto particolare, a codesto Cuore Sacratissimo; anzi, desidero che ciascun Direttore Gli consacri interamente la Casa cui presiede, ed inviti i giovani a far essi pure questa santa offerta di sé stessi, li istruisca sul grand'atto che sono per compiere, e dia loro comodità affinché vi si possano preparare convenientemente.
Si può dire ai Cristiani riguardo al Cuore di Gesù quanto San Giovanni Battista diceva ai Giudei parlando del divin Salvatore: «Vi è uno in mezzo a voi, che voi non conoscete».
E possiamo pur ripetere a questo riguardo le parole di Gesù alla Samaritana: «Oh se conoscessi il dono di Dio!»
Quale amore e confidenza maggiore verranno a sentire verso Gesù i nostri socii ed i nostri giovani se saranno in questa devozione ben istruiti!
Tutti insieme presentiamoci a Gesù, e gli saremo cari come chi gli offre non solo ogni fiore del suo giardino, ma il giardino stesso; non solo i vari frutti dell'albero, ma l'albero stesso.
Poiché se riesce acceetta a Dio la consacrazione dei singoli individui, più accetta deve tornargli quella di un'intera comunità, essendo questa come una legione, una falange, un esercito che a Lui si offre". 

Tale consacrazione non doveva rimanere "sterile", perciò don Rua predispose una serie di indicazioni affincbé, seppure "l'atto di consacrazione è breve, il frutto deve essere imperituro".
Per questo propose "che la festa del Sacro Cuore di Gesù sia ovunque solennizzata come una delle feste primarie dell'anno.
In tutte le Case si ricordi il primo venerdì del mese con una speciale funzione, e sia raccomandato ad ogni confratello e giovane di fare in quel giorno la Comunione Riparatrice.
Ogni confratello sia iscritto all'associazione detta Pratica dei nove Uffizi, e cerchi veramente di eseguire l'ufficio che gli tocca.
Ogni casa sia associata alla Confraternita della Guardia d'onore, e ne esponga il quadrante; ed ogni confratello e giovane fissi il tempo speciale, in cui intende fare la sua ora di guarda, com'è prescritto dalla Confraternita.
Nelle case di noviziato e studentato chi può faccia l'Ora Santa, secondo le norme stabilite per praticare questa devozione".

Lo zelo di don Rua ci interpella: siamo animati dallo stesso desiderio di conoscere, praticare e diffondere la devozione al Sacro Cuore?
Dipende anche da noi, e dal nostro amore ed impegno, che si avverino le parole con cui il beato Michele concludeva la sua lettera: 

"Il nostro caro Gesù, venga a regnare nella mente e nel cuore di tutti gli uomini del mondo, e possa presto ripetersi in tutta l'estensione del suo significato il Christus vincit, Christus regnat, Christus imperat".


giovedì 16 ottobre 2014

MEMORIA LITURGICA DI SANTA MARGHERITA MARIA ALACOQUE


Cappella del Sacro Cuore - Chiesa di san Giacomo in Augusta, Roma


Quest'oggi ricorre la memoria liturgica facoltativa di santa Margherita Maria Alacoque (1647-1690), la monaca visitandina che il Sacro Cuore scelse come depositaria delle Sue rivelazioni.
Il proprio della Liturgia delle Ore ci presenta, all'Ufficio delle letture, un brano tratto dalle lettere della santa; si tratta di un testo centrato sul Sacro Cuore, sui benefici che Esso ci ottiene e su come unirci sempre a questo Sacratissimo e Amantissimo Cuore, in ogni circostanza.
Meditiamo sulle parole di santa Margherita Maria, ed invochiamola perché ci ottenga di far regnare il Sacro Cuore di Cristo nel nostro cuore!


 

DOBBIAMO CONOSCERE L'AMORE DI CRISTO CHE SORPASSA OGNI CONOSCENZA
 
Il Sacro Cuore, Achille Buzzi (1911)
Dalle «Lettere» di santa Margherita Maria Alacoque vergine
(Vie et Ceuvres 2, Paris 1915, 321. 336. 493. 554)
 
Mi sembra che il grande desiderio di Nostro Signore che il suo Sacro Cuore venga onorato in modo particolare abbia lo scopo di rinnovare nelle anime gli effetti della sua redenzione. 
Infatti il suo Sacro Cuore è una fonte inesauribile che cerca solo di riempire i cuori umili, vuoti, distaccati da ogni cosa e sempre pronti a sacrificarsi per rendergli piacere.
Questo Cuore divino è una fonte inesausta, dalla quale scendono ininterrottamente tre canali: 

il primo è quello della misericordia verso i peccatori e porta loro lo spirito di contrizione e di penitenza. 

Il secondo è quello della carità e scorre per portare aiuto a tutti i miserabili che si trovano in qualche necessità, e particolarmente a coloro che tendono alla perfezione: essi vi troveranno la forza per superare gli ostacoli. 

Il terzo è quello dell'amore e della luce per gli amici perfetti, che egli desidera unire a se stesso, per comunicare loro la sua scienza e i suoi desideri, perché, per una via o per l'altra, si consacrino totalmente alla sua gloria.
Questo Cuore divino è un abisso di bene, in cui i poveri devono riversare le loro necessità. E' un abisso di gioia, dove bisogna gettare tutte le nostre tristezze. E' un abisso di umiliazione per il nostro orgoglio, un abisso di misericordia per gli infelici, e un abisso d'amore, in cui bisogna seppellire tutte le nostre miserie.
Non avrete quindi che da unirvi in tutte le vostre azioni al Sacro Cuore di Nostro Signore, all'inizio per disporvi, al termine per ripagare.
 
Per esempio, vi sentite incapaci di pregare? Accontentatevi di offrire la preghiera che il divin Salvatore fa per noi nel sacramento dell'altare. Offrite i suoi slanci per riparare tutte le vostre imperfezioni. Ripetete dunque ogni vostra azione: Mio Dio, io faccio o soffro questa cosa nel Sacro Cuore del vostro divin Figlio, e secondo le sue sante intenzioni che vi offro per riparare tutto ciò che di impuro e di imperfetto c'è nel mio operare. E così nelle diverse situazioni della vita. 
Quando vi toccherà qualche pena, afflizione o mortificazione, dite a voi stessi: Accetta ciò che il Sacro Cuore di Gesù ti manda per unirti a lui.
Soprattutto cercate di conservare la pace del cuore, che supera qualsiasi tesoro. 
Il mezzo per arrivare a questo consiste nel non avere più volontà propria, ma quella di questo divin Cuore al posto della nostra, lasciando che voglia per noi tutto ciò che può aumentare la sua gloria, contenti di sottometterci e di abbandonarci a lui in ogni cosa.

lunedì 13 ottobre 2014

BEATA ALESSANDRINA MARIA DA COSTA - I Sacri Cuori di Gesù e Maria, l'Eucaristia, il Rosario



La Famiglia Salesiana quest'oggi festeggia la memoria liturgica della beata Alessandrina Maria da Costa, vergine, mistica, cooperatrice e socia dell'Associazione di Maria Ausiliatrice.

Un breve profilo biografico (reperibile sul vecchio sito dei salesiani di Torino) così ne parla:



Alessandrina Maria da Costa nasce il 3 marzo 1904 a Balasar in Portogallo. È una piccola contadina, vivace, scherzosa, affettuosa. A 14 anni salta dalla finestra nel giardino per salvare la sua purezza minacciata.
Nel corso degli anni il danno riportato nella caduta si trasforma in paralisi totale, per cui rimane inchiodata a letto per oltre trent’anni, curata dalla sorella maggiore.
Si offre come vittima a Cristo per la conversione dei peccatori e per la pace nel mondo. Per quattro anni (1938-1942) rivive la passione di Cristo tutti i venerdì per tre ore. Chiede e ottiene da Pio XII la consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di Maria (31 ottobre 1942).
Dal 27 marzo 1942 alla morte (13 anni e 7 mesi) non ingerisce più alcuna bevanda né alimento di sorta, all’infuori della Comunione quotidiana. Guidata dal suo secondo direttore spirituale, il salesiano Don Umberto Maria Pasquale, diventa sia Cooperatrice salesiana, il 15 agosto del 1944, sia membro dell’Associazione dei devoti di Maria Ausiliatrice il 12 settembre dello stesso anno, memoria del Santo nome di Maria.
Don Umberto aveva molto diffuso in Portogallo la devozione all’Ausiliatrice, costruendo in particolare il santuario di Mogofores e promuovendo la diffusione dell’ADMA. Alessandrina, morta a Balsar il 13 ottobre 1955, è una figura esemplare, nella sua semplicità e autenticità. È il messaggio vivente di cui hanno bisogno i cristiani di oggi, in special modo chi si impegna a vivere il valore della laicità come servizio al Signore, alla Chiesa e alla società “salesianamente ispirato”. 


Siamo nel mese del Rosario, e don Bosco era legatissimo a questa devozione mariana. Non la trascurava mai. Così come era devoto al Sacro Cuore, indicato come modello per il salesiano nel suo stile pastorale, ritrovando in Esso la fonte ed il modello del suo apostolato tra i giovani.
Altro elemento importantissimo, nella devozione salesiana, è il culto di adorazione a Gesù Eucaristia.
Da questo punto di vista, alcune delle rivelazioni di Gesù e Maria alla beata Alessandrina, si collegano pienamente nel filone della sua spiritualità salesiana e mariana (in quanto cooperatrice e socia dell'Associazione di Maria Ausiliatrice).
Concludendo con alcuni estrapolati dal suo diario, in cui racconta le sue esperienze mistiche (in obbedienza ai direttori), chiediamo alla beata di quest'oggi che ci aiuti ad essere - anche nel nostro piccolo - anime eucaristiche, anime mariane che diffondono e praticano la devozione al Santo Rosario, anime innamorate dei Sacri Cuori! 
Soprattutto, pensiamo che il Cuore del Figlio gradisce che noi ci rivolgiamo al Cuore di Sua Madre con la preghiera del Santo Rosario, compendio del Vangelo (come definita dai Pontefici) e quindi della vita dello stesso Nostro Signore!


DAL DIARIO DELLA BEATA ALESSANDRINA MARIA DA COSTA:
 
"[le apparvero Gesu' e Maria, coi cuori visibili sul petto] 
Dai loro Cuori tenerissimi, cerchiati di spine,uscivano raggi luminosi che si incontravano gliuni con gli altri,lampeggiando come nubi che cozzano tra di loro. 
Dal mezzo usciva la corona del Rosario e pareva passare per i centri dei Cuori. 
O mammina, cosa significa la corona del Rosario nei vostri cuori? 
Mammina mi parlò baciandomi e prendendomi per mano: Parla di esso,figlia mia;Gesu' te lo ha chiesto e io pure te lo chiedo. Ti abbiamo chiesto di parlare del Rosario e dell'Eucaristia, amore dei nostri cuori. L'Eucaristia, il Rosario e le tue sofferenze insieme a quelle delle altre vittime: ecco i mezzi da noi indicati per la salvezza dell'umanita' perduta".

"Gesù mi apparve nel tabernacolo con la porticina aperta:
Ascolta, innamorata folle delle anime,  ascolta, innamorata folle dell'Eucaristia!
Sto qui (nel tabernacolo) solo per amore.
Gli uomini non comprendono questo amore.
Sto qui per essere alimento e vita; gli uomini non vogliono alimentarsi vivendo della mia vita.
Parla loro del mio amore, comunica loro il mio amore!
Tu, che sei stata creata per essere la distributrice di tutto ciò che è mio, parla, parla  della mia Eucaristia.
Chiedi alle anime di venire al tabernacolo e di vivere nel tabernacolo.

Mostrandomi la corona del Rosario, mi fece sentire come se me la intrecciasse nelle mani e continuò: Parla del Rosario, di mia Madre benedetta, parla alle anime dei grandi mezzi di salvezza".


Maggiori informazioni sono reperibili sul sito dei salesiani.

venerdì 3 ottobre 2014

MEDITAZIONE PER IL PRIMO VENERDI' DEL MESE - inabissarci nel Cuore di Gesù attraverso la Vita Sacramentale -


"Uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, 
e subito ne uscì sangue e acqua"  
(Gv 19,34)




La trafittura del Costato di Cristo è una porta sempre aperta: in questo segno tangibile del Suo Amore per noi, possiamo trovare una via privilegiata di accesso al Suo Cuore.
Se da questa piaga sono scaturiti i Sacramenti, simboleggiati dal Sangue e del'Acqua, questo vuol dire che noi, attraverso la vita sacramentale, veniamo progressivamente introdotti nel Suo Sacratissimo Cuore.
Nel Santo Battesimo "moriamo e risorgiamo in Cristo" e diveniamo figli di quel Padre che il Figlio Unigenito ama anche col Suo Cuore di Uomo;
nella Santa Comunione riceviamo il Cuore Eucaristico di Gesù che Si è donato fino alla morte;
nella Santa Confessione è l'Amore Misericordioso del Cuore di Gesù che ci ottiene il perdono del Padre....
e si potrebbe andare avanti, tracciando - per ogni Sacramento - un parallelo con l'Amore del Sacro Cuore.

Vivere una vita sacramentale e mantenersi quindi in Grazia di Dio, significa anche "inabissarsi" nel cuore di Gesù: se noi attingiamo a quei Sacramenti che dal Suo Cuore sono scaturiti, allora cibandoci di Lui, Lo conosceremo e Lo ameremo sempre meglio e con sempre maggiore intensità.
E tutto questo ci porterà ad essere anche più "rivestiti" dei Suoi sentimenti (parafrasando San Paolo), in modo particolare della carità che nel Suo Cuore arde come in una fornace.
Lo scopo di questo inabissarci è divenire, poco per volta, sempre più come un "puntino" perso in Lui, nel Suo Cuore che ama: il nostro amore deve divenire solo e soltanto l'Amore di Cristo. Tutti dobbiamo amare col Suo Amore. Tutti dobbiamo amare come Lui.
I santi che, come Santa Margherita Alacoque, hanno avuto il grande privilegio del dono dello "scambio del cuore" proprio con quello di Gesù, hanno sperimentato tutto questo in modo singolare.
Per molti altri, questo mistero avrà il suo compimento definitivo solo in Cielo, ma comincia già qui, già ora... è quel medesimo ed indescrivibile "mutamento" di vita descritto da San Paolo: "e non vivo più io, ma Cristo vive in me" (Gal 2,20).

Buon primo venerdì a tutti!

 


martedì 9 settembre 2014

DON BOSCO E LA DEVOZIONE AL SACRO CUORE - 16ma parte


Da un articolo di don Ferdinando Colombo, sdb - rivista Sacro Cuore giugno 2014

<<Don Bosco ebbe una grande devozione al Sacro Cuore: "Qui si acquista il vero calore, voglio dire, l'amor di Dio, e non solo per sé, ma per portarlo altrove e farne partecipi le anime".
Tale devozione si esplicita nella sua insistenza sulla frequente confessione e comunione e sulla partecipazione alla Messa quotidiana, colonne che devono reggere l'edificio educativo e animare nella pratica del sistema preventivo.

Il beato Michele Rua, il primo successore di don Bosco, consacrò la Congregazione Salesiana al Sacro Cuore il 31 dicembre 1899 e mise in rilievo la sua importanza specialmente per le case di formazione, e chese che i noviziati fossero dedicati a Lui.
Alcuni giorni prima di morire don Rua chiese a don Francesco Cerruti che fosse composta una preghiera al Sacro Cuore per le vocazioni.
Gli fu presentata la seguente preghiera che egli approvò, recitò e chiese che una copia fosse posta sotto il suo cuscino: 
"O Cuore Sacratissimo di Gesù, affinché tu mandi buoni e degni operai alla Pia Società Salesiana e li mantenga fedeli in essa, Ti preghiamo, ascoltaci"!




domenica 7 settembre 2014

PREGHIERE AL SACRO CUORE: La corona della Provvidenza


Un Cuore che ama è un Cuore Provvidente. Gesù stesso lo evidenzia nel Santo Vangelo: "Venite a me voi tutti....ed io vi darò ristoro".(Mt 11,28)






 Si recita utilizzando una normale corona del S.Rosario.

Sui grani grossi si recita questa preghiera:



- Ss. Provvidenza di Dio provvedeteci voi.

Sui grani piccoli:

Prima decina: - Ss. Provvidenza di Dio provvedeteci voi.

Seconda decina: - Cuor di Gesù pensateci voi.

Terza decina: - Cuor di Maria provvedeteci voi.

Quarta decina: - Cuor di S.Giuseppe pensateci voi.

Quinta decina: - Cuor di tutti i santi del Paradiso intercedete per noi.

venerdì 5 settembre 2014

PRIMO VENERDI' DEL MESE - riflessioni ed un testo di San Bonaventura



Oggi è il Primo Venerdì del mese: il Sacro Cuore ci invita ad una vita sacramentale più intensa, attraverso la confessione e la S. Comunione, che acquista il valore speciale - secondo questa devozione - di "riparazione e offerta" per i peccatori.
Si potrebbe dire: chi mai è degno da "riparare" e "offrire" per gli altri?
Non siamo tutti peccatori?
Le prime letture di questi ultimi due giorni (tratte dall'Epistola di San Paolo ai Corinzi) sottolineano quanto siano proprio i peccati a doverci spingere tra le braccia di Cristo e quindi del Suo Amore, simboleggiato dal Suo Cuore.
Chi è cosciente di essere peccatore e ha desiderio serio e impegno concreto nel correggersi, attraverso la propria vita di testimonianza, preghiera, ascesi, può offrire e riparare per gli altri...non per meriti propri, ma solo per i meriti infiniti di Cristo che vuole associarci alla Sua Passione.
Oggi San Paolo parla infatti del dovere da parte di chi esercita un ministero - ma ciò vale per tutti i battezzati in Cristo, Suoi annunciatori - di essere "fedeli" nell'amministrare quanto Dio affida a ciascuno di essi.
Eppure egli dice: "Anche se non sono consapevole di colpa alcuna, non per questo sono giustificato. Il mio giudice è il Signore"! (1 Cor 4,4)
Questo paradosso tra fedeltà e peccato trova la sua chiave di lettura nell'Amore di Dio, racchiuso nel Cuore di Cristo.
Questo Cuore è pronto al perdono, all'accoglienza...alla Misericordia, per dirla con una parola dal sapore squisitamente teologico e divino.
La fedeltà personale al Signore nell'usare i talenti ricevuti, nell'essere buoni testimoni per i fratelli che si incontrano sul proprio cammino, nel vivere una vita di Grazia, è tale solo a partire dalla conoscenza e riconoscenza per l'Amore Misericordioso di Dio, che si fida dell'uomo e scommette su di lui, pur sapendolo non immune da macchie, imperfezioni, cadute. 
Paolo non parla "in teoria": da persecutore dei cattolici è divenuto apostolo dei pagani e non esiterà a definirsi come "aborto" (1 Cor 15,8).
Benedetto XVI così spiegava: "San Paolo lo dice in relazione al proprio impegno apostolico: è in esso che si manifesta la fecondità della grazia di Dio, che sa appunto trasformare un uomo mal riuscito in uno splendido apostolo.
Da persecutore a fondatore di Chiese: questo ha fatto Dio in uno che, dal punto di vista evangelico, avrebbe potuto essere considerato uno scarto"! (Udienza generale, 10 settembre 2008)
 

Commentando la Parola di ieri, Papa Francesco sottolineava proprio il legame tra l'ammissione della debolezza umana nel peccato e la salvezza e ci invitava ad una riflessione finale, attraverso una serie di domande: "Se un cristiano non è capace di sentirsi proprio peccatore e salvato dal sangue di Cristo crocifisso, è un cristiano a metà cammino, è un cristiano tiepido.
La forza della vita cristiana e la forza della Parola di Dio è proprio in quel momento dove io, peccatore, incontro Gesù Cristo. 
E quell’incontro rovescia la vita, cambia la vita. E ti dà la forza per annunciare la salvezza agli altri.
Sono capace di credere che proprio lui, con il suo sangue, mi ha salvato dal peccato e mi ha dato una vita nuova? Ho fiducia in Cristo? Mi vanto della croce di Cristo? Mi vanto anche dei miei peccati, in questo senso"? (Meditazione quotidiana a Santa Marta, 4 settembre 2014).
Il "segno" visibile, concreto di questo amore che salva è il Cuore di Gesù, il Cuore che tutto ha donato, fino all'ultima goccia di Sangue.
Se abbiamo questa fiducia in Gesù-Amore possiamo arrivare addirittura a dire, come fece san Bonaventura, che il Suo Cuore è il nostro Cuore, che in Esso ci rifugiamo nonostante le nostre debolezze ed il nostro peccato e che da Esso otteniamo la salvezza e attraverso di Esso possiamo essere finalmente capaci di pregare.
Ecco che allora il Cuore di Cristo viene ad essere per noi "cuore di Re, di amico, di fratello".
Sono definizioni scritte da S.Bernardo, alla quale mi piace aggiungere quella contenuta in un canto devozionale, che nel mese di giugno viene ancora intonato nella mia parrocchia: "Cuore di Sposo"!
Quello Sposo che ama con amore infinito la Sua Sposa, la Santa Chiesa...ma anche ognuna delle nostre anime. Quello Sposo a cui si può avere l'ardire di rivolgersi - proprio come farebbe una sposa - considerandosi con Lui "un cuor solo".

A conclusione, ecco il testo di San Bonaventura dedicato al Cuore di Gesù:
 



"Gesù buono, è bella e gioconda cosa abitare nel tuo cuore!

Esso è il ricco tesoro, la perla preziosa che abbiamo scoperto nel segreto del tuo corpo trafitto, come nel campo scavato...

Io l'ho trovato il tuo cuore, o Gesù benignissimo: cuore di Re, cuore di fratello, cuore di amico.
Nascosto in Te non pregherò io?
Pregherò, sì.

Già il Tuo Cuore  - lo dico francamente - è anche cuore mio.
Se tu, Gesù, sei il Capo mio, come dunque quello che è del mio capo non dovrà dirsi mio?

Che gioia per me!
Ecco: tu, o Gesù, ed io abbiamo un solo e medesimo cuore...
Frattanto avendo ritrovato, o Gesù dolcissimo, questo Cuore divino che è Tuo ed è mio, pregherò Te, Dio mio.

Accogli nel santuario delle udienze le mie orazioni, anzi rapiscimi tutto nel Tuo Cuore.

La tortuosità dei miei peccati mi vieterebbe l'ingresso...
Ma siccome un'incomprensibile carità ha dilatato e ampliato il Tuo Cuore, siccome Tu, che solo sei, puoi rendere mondo chi è concepito da immondo seme, o Gesù bellissimo, lavami dal delitto, mondami dai miei peccati.

Purificato da te, possa avvicinarmi a te, purissimo, possa entrare e dimorare nel Tuo Cuore tutti i giorni della mia vita, per sapere e per fare quello che vuoi da me".

(San Bonaventura, La vite mistica)